Che cos’è la cartella clinica

La cartella clinica è un documento fondamentale sia per il malato che per i medici che lo hanno in cura. Essa viene creata nel momento in cui il paziente accede per esempio al Pronto Soccorso, alla struttura ospedaliera, alla clinica privata o alla casa di cura.

La prima pagina raccoglie i dati anagrafici, l’anamnesi, la data e il motivo del ricovero, la data e le condizioni di salute alla dimissione. Nelle pagine successive vengono annotate tutte le informazioni utili alla diagnosi e alla cura, compresi i referti degli esami effettuati, i farmaci somministrati, il consenso informato e le schede infermieristiche. Ogni notizia ritenuta rilevante deve essere accuratamente indicata. In altre parole, la cartella clinica è una sorta di diario in cui si devono annotare, giorno per giorno, le cure somministrate. Gli orari sono altrettanto importanti. Per un paziente ricoverato in condizioni gravi, alcune ore di ritardo possono fare la differenza tra la vita e la morte.

Non tutti lo sanno, ma la cartella clinica è un atto pubblico e come tale deve essere trattata. Le informazioni contenute devono essere precise, puntuali e veritiere. La modifica successiva, le omissioni o le alterazioni costituiscono un reato.

Una nota importante. Molti pazienti pensano che la lettera di dimissioni consegnata al momento dell’uscita dall’ospedale sia proprio la cartella clinica. Tuttavia non è così. La cartella clinica è un diario molto dettagliato di quanto avvenuto durante il ricovero e può essere composto da decine o centinaia di pagine. La lettera di dimissioni, al contrario, è solo una sintesi. Composta da poche pagine, riassume in breve solo le notizie più importanti, i farmaci da assumere in futuro e le visite di controllo a cui sottoporsi.

La conservazione della cartella clinica e degli altri accertamenti diagnostici

Poiché la cartella clinica è un atto ufficiale che costituisce una prova, essa deve essere conservata per un tempo illimitato. Lo stabilisce una circolare del Ministero della Sanità del 1986. Lo ha ribadito di recente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 18567 del 2018. La stessa sentenza chiarisce bene anche i ruoli. I medici hanno l’obbligo di compilarla e conservarla con cura per tutta la durata della degenza del paziente. Dopo le dimissioni, la direzione sanitaria la prende in carico e se ne deve prendere cura. La cartella clinica verrà tenuta, senza limite di tempo, all’interno della struttura sanitaria, in luogo idoneo, non soggetto ad alterazioni climatiche e non accessibile da estranei.

Tutt’altra cosa per quanto riguarda gli accertamenti diagnostici. Non essendo essi considerati atti ufficiali, le TAC, le RMN e le RX si conservano per un periodo di vent’anni.

Il paziente ha il diritto di vedere la propria cartella clinica in qualsiasi momento durante la degenza. Dopo le dimissioni egli potrà richiedere una copia su carta. Alcune strutture la rilasciano anche in formato digitale, su un CD.

La legge impone un tempo massimo di 30 giorni per la consegna. Il rilascio della cartella clinica non è a costo zero. Il contributo richiesto al paziente (15-20 euro) copre le “spese vive” (carta, cartuccia e personale per le fotocopie).

Il rilascio dei dischetti degli accertamenti diagnostici invece è molto più rapido. Si tratta infatti di copiare un CD, per cui di solito l’esame richiesto viene consegnato entro pochi minuti. Il costo in questo caso è di circa 5 euro.

Non esiste un tariffario nazionale, ogni ASL applica le tariffe che ritiene più giuste. Tuttavia, il costo non può discostarsi di molto da quello da noi indicato.

Cartella clinica e il valore probatorio per responsabilità medica

Come detto sopra, la cartella clinica è un atto pubblico. Costituisce quindi prova in giudizio.

La sentenza della Corte di Cassazione sopra citata ha ribadito l’importanza della cartella clinica e il suo valore probatorio in giudizio in fatto di responsabilità medica e malasanità. È uno strumento imprescindibile per verificare la correttezza o meno delle cure.

Quando i pazienti che pensano di aver subito un danno si rivolgono a noi infatti, chiediamo loro di inviarci tutti i documenti necessari per poter valutare il loro caso. Incluse le cartelle cliniche.

Le decine di pagine che la compongono rivelano molte volte aspetti dubbi. I medici-legali e gli specialisti da noi incaricati a valutare un caso hanno il compito di analizzare ogni dato e incongruenza. È un lavoro certosino che richiede impegno ed esperienza. Alla fine però, se il paziente è stato mal assistito o le cure sono state sbagliate, la verità viene a galla.

Per esempio, in caso di infezione nosocomiale, i dati registrati nella cartella clinica permettono di ricostruire i fatti. Le analisi del sangue erano buone prima di entrare in ospedale? I valori sono peggiorati dopo l’intervento? È comparsa la febbre, il gonfiore, il dolore? I medici hanno capito che c’era un’infezione in corso? Hanno somministrato gli antibiotici adatti? La risposta a tutta una serie di domande permette di capire se c’è stato un errore medico e se il paziente ha il diritto a un risarcimento a causa dell’infezione contratta in ospedale.

Falso materiale in atto pubblico

Le informazioni contenute nella cartella clinica devono essere vere, complete e immediate. Questo significa che la cartella clinica non può essere modificata in un secondo momento. Qualsiasi alterazione, aggiunta, cancellazione o modifica del documento integra il reato di falso in atto pubblico.

Per essere più precisi, in caso di alterazione della cartella clinica abbiamo due tipi di reato. Falso ideologico e falso materiale. Entrambi sono previsti e disciplinati dagli articoli 479 e 476 del Codice Penale.

Parliamo di falso ideologico quando i fatti descritti non corrispondono al vero. Il falso materiale invece nasce quando qualcuno modifica alcuni dei dati inseriti nella cartella, anche se questi corrispondono al vero, in un momento cronologico successivo. Le annotazioni vanno riportate in cartella subito, contestualmente al loro verificarsi.

Cartella clinica incompleta o alterata: prova contraria per il medico

Anche in questo caso ci viene in aiuto la Suprema Corte di Cassazione. Con due sentenze (n. 6209/16 e n. 22639/16) stabilisce che se la cartella clinica è incompleta, in caso di impossibilità a stabilire il nesso causale tra danno e condotta del medico, scatta la colpa presunta del medico.

In una fase successiva, l’azienda sanitaria può rivalersi sul medico colpevole della tenuta non idonea della cartella clinica. Ma quello che importa a noi è che il paziente non subisca un ulteriore danno oltre a quello alla salute già avuto per causa del medico che lo ha curato male.

La conseguenza della carenza documentale grava quindi in modo negativo sul sanitario.

Ricapitolando, se pensi di aver subito un danno causato da un medico, la prima cosa che devi fare è richiedere la cartella clinica. La struttura sanitaria ha l’obbligo di consegnarti tutta la documentazione entro e non oltre 30 giorni dalla richiesta. Una volta ricevuta, i nostri specialisti la analizzeranno insieme a tutto il resto dei documenti, esami diagnostici compresi, e potremo così farti sapere se sei vittima di un errore medico che può essere risarcito.
Contattaci subito.

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